Tutto è nato da un appellativo, “choosy” affibbiato da un
ministro ad una generazione. Il ministro è la Fornero, la generazione quella
mia, nostra dei nati post ’75 e ante ’90.
O giù di lì. Che appartenere ad una generazione è questione
sia di date che di cuore. Né solo delle une né solo dell’altro.
Se però analizziamo il fatto e proviamo a chiederci se abbia
ragione o no il ministro, dobbiamo partire da una considerazione: ciò che ha
fatto scattare la protesta non è stato il dato che una economista torinese,
nata nel 1948 (subito dopo la Costituzione ), professoressa universitaria abbia
attaccato i giovani; ciò che ha fatto arrabbiare molti – ed in primis chi
scrive – è il tranello “molto politico” per cui quelli della generazione
Fornero, i grassi burocratici, i giovani del boom economico, quelli che hanno
vissuto la contrapposizione degli anni di piombo o le rivolte studentesche,
quelli che, insomma, hanno illuso l’Italia con un benessere materiale,
infangandone la dignità e la morale, oggi, per proprietà transitiva risultino
esenti da colpe.
Invece è ora di parlare in maniera schietta e diretta: il
fallimento dell’Italia è loro e solo loro responsabilità!
E non intendiamo il fallimento di questi ultimi anni, ma un
fallimento morale che non ha mai smesso di compromettere le istanze di
cambiamento culturale e morale del Paese.
Certo, lo so. Nel mio ragionamento c’è un errore, che nel
mio lavoro ho sempre posto davanti ai miei alunni e nel quale adesso, proprio
io, casco! Ma ci casco volontariamente, per far comprendere a tutti quanto sia
sbagliato questo errore, ovvero parlare per categorie.
Gli Italiani sono forse i più abili a ragionare e parlare
per schemi e categorie.
Si pensi alla storia: non si può parlare di bonifica del
territorio o di aiutare gli agricoltori italiani perché sennò sei fascista; non
puoi denunciare le condizione degli operai perché sennò sei comunista!
In realtà questa mentalità, in altri Paesi, morta e sepolta,
da noi cambia l’abito ma rimane sempre evidente e concreta. E ci umilia.
Così vado a togliermi da questo errore dicendo che UNA PARTE
di persone nate dopo la guerra e che hanno gestito il potere o hanno avuto
importanti ruoli sociali ha compromesso la moralità e l’integrità del Paese, sì
arricchendolo, ma a costo di un conformismo in cui siamo tutti meccanismi
corruttibili o asserviti e facendo sì che la democrazia sprofondasse in un
irriverente teatrino d’avanspettacolo.
Quella parte di responsabili, puniti o no dall’umana
giustizia, porteranno un marchio d’infamia gravissimo. Non interessa la loro
appartenenza politica, tutta la politica italiana ha fallito.
Per cui che oggi un ministro della Repubblica dica quello
che ha detto viene considerato da molti – in primis chi scrive – davvero ridicolo,
grave, offensivo e da irresponsabili.
Dopo di che dobbiamo pure accennare al dato reale che il
discorso del ministro aveva in sé: quello di un Paese che, se si prendono le
statistiche ufficiali, ha sempre avuto un discreto tasso di disoccupazione
(soprattutto al Sud dove disoccupazione-disperazione-mafia è un processo
inarrestabile ma che parte dall’alto!). Questo è dovuto alla mancanza effettiva
di lavoro o al volere fare soldi facili (da parte di alcuni) o perché una parte
di cittadini è schizzinosa.
È così. Dato allarmante e inquietante.
Quando negli anni scorsi c’è stata la corsa all’istruzione
(corsa legittima se fatta con altri strumenti e migliori obiettivi) si è giunti
al risultato allucinante di avere case piene di laureati che non accettano
lavori manuali perché, poverini, loro non si abbassano a queste mansioni.
E allora, visto che gli Italiani che prima appartenevano al
proletariato o alla borghesia ora hanno i figli laureati (dunque si sono
nobilitati), beh, tutti i lavori manuali li fanno gli stranieri, gli immigrati.
Se considerate che il settore primario italiano, settore
fondamentale come sta dimostrando questa crisi, è a corto di manodopera, io prenderei tutti
quelli che non vogliono lavorare e li manderei nei campi o nelle barche a
pescare, che ne abbiamo tanto bisogno.
Chi scrive conosce quei lavori di cui parla, lavoro amabili
e nobilissimi che ha avuto il piacere di provare e se non avesse altre
vocazioni non li disdegnerebbe.
Si intenda, vocazioni che comunque mi fanno lavorare.
Basta ritenersi superiori, ricchi, troppo elevati per
abbassarsi a tanto…
Basta!
Questo è uno sbaglio educativo incredibile al quale dobbiamo
replicare rimboccandoci le maniche, tornando popolo, eleggendo gente degna e
soprattutto non “sfottendoci” a vicenda e assumendo ognuno le proprie
responsabilità storiche.
Grazie a Dio uomini grandi l’Italia li ha sempre avuti e
anche oggi, a cercarli, ci sono!
Prendiamo esempio dagli onesti, dai laboriosi, da quei
genietti che fanno emigrare in America, Germania o Inghilterra, e
riappropriamoci di una dignità e di una dimensione morale e –scusate se
insisto- spirituale e troveremo in noi la forza per scoprirci tutti “operai”
per la costruzione della stessa grande civiltà italiana del Terzo Millennio
oramai inserita nella civiltà mondiale.
Questo è il futuro, da questo futuro parte la responsabilità
storica di noi ragazzi di oggi.
Vito Lorenzo Dioguardi
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